Tira un sospiro di sollievo l’Italia il 29 Ottobre. Quello che poteva risolversi in uno dei passi indietro più eclatanti della storia della Repubblica, infatti, è stato scongiurato dal nuovo DM del 28/10/2020, pubblicato sul sito del Ministero della Salute il giorno successivo.
Giusto in tempo, dato che dal 30 Ottobre sarebbe entrato in vigore il provvedimento nel quale veniva sancito che il CBD (cannabidiolo) era da considerarsi un farmaco.
Più precisamente, tutte le “composizioni per somministrazione ad uso orale di cannabidiolo ottenuto da estratti di Cannabis” sarebbero state inserite nella “Tabella dei Medicinali del D.P.R. 309/90, Sezione B”, ovvero tra i “medicinali che contengono sostanze di corrente impiego terapeutico per le quali sono stati accertati concreti pericoli di induzione di dipendenza fisica o psichica”.
Un colpo di grazia all’intero settore della cannabis light in Italia ingiustificato agli occhi di molti, che minava le speranze di chi vedeva la legge n.242 del 2/12/2016 la definitiva apertura del Governo italiano verso una prospettiva moderna sull’economia green. Una normativa riguardo all’Olio CBD, che avrebbe reso i prodotti contenenti CBD non più vendibili liberamente in quanto assoggettati come farmaci.
CBD sostanza stupefacente? Perché non è così
Al Decreto Ministeriale del 1° Ottobre, annunciato dal Ministro della Salute, sono seguite non poche discussioni e polemiche, specialmente di natura legale.
La dichiarazione improvvisa del CBD come farmaco, infatti, andrebbe contro una serie di provvedimenti di diritto internazionali. Giusto per citarne alcuni:
Convenzione delle Nazioni Unite sulle sostanze psicotrope di Vienna, del 21 Febbraio 19711; Rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (4-7 Giugno 2018)2;
Causa C-663/18 della corte di Giustizia Europea3;
Questa serie di provvedimenti hanno tutti avuto come risultato la constatazione che il CBD non solo non è una sostanza stupefacente ma che, contrariamente a quanto si legge nel DM del 1° Ottobre 2020, non induce dipendenza fisica e risulta non essere associata a potenziali abusi.
Si aggiunge a ciò anche un ulteriore provvedimento preso dal WADA (World Anti-Doping Agency) il quale sancisce che il CBD non rientra tra le sostanze considerate dopanti e che, conseguentemente, gli atleti possono farne liberamente uso in virtù dei suoi effetti benefici sull’organismo.
Quali sono gli effetti del CBD?
Stando a rapporti e studi provenienti dalla comunità scientifica internazionale, infatti, il CBD possederebbe alcune accertate proprietà benefiche che ne giustificherebbero il consumo da parte delle persone affette da disturbi lievi.
In particolar modo negli anni il CBD è stato particolarmente apprezzato in virtù delle comprovate proprietà:
ansiolitiche e antidepressive lievi, come dimostrato da uno studio pubblicato sul vol. 159 del British Journal of Pharmacology;
antinfiammatorie, come dimostrato da uno studio da uno studio di S. Gaetani, dell’Università La Sapienza di Roma; anticonvulsivanti e per questo già impiegato in alcuni farmaci, come l’Epidolex della GW Pharmaceuticals;
In generale i prodotti a base di CBD che sarebbero stati colpiti dal DM del 1° Ottobre rientrano in un’ampia gamma di soluzioni fito-terapeutiche per i disturbi lievi, liberamente acquistabili nei tanti grow shop che si sono diffusi sul territorio nazionale a partire dal 2016.
Dall’olio CBD fino alle capsule edibili: prodotti che, dal 2016, non hanno portato ad alcun caso di accertata dipendenza o insorgenza di effetti collaterali.

La green economy in Italia: quanto è importante il CBD
Non tira un sospiro di sollievo solo la comunità scientifica o i cultori della canapa, che dagli anni ’60 ad oggi sta riscontrando sempre maggior successo tra le nuove generazioni. La normativa sull’olio CBD, infatti, minacciava di sradicare un intero settore dell’economia nel quale operano numerose aziende che hanno generato molti posti di lavoro.
Una svolta rilevante per la green economy che, stando ai dati del The European Cannabis Report, potrebbe portare in Europa ad una sostanziale crescita del settore. Se fosse entrata in vigore la norma sarebbe stato penalizzato tutto il settore della coltivazione della canapa, lasciando campo aperto ai soli colossi farmaceutici. La decisione, inoltre, è in evidente contrasto con quanto promosso dal ministero dell’Agricoltura che ha recentemente inserito i prodotti della cannabis tra le varietà officinali, dando il via alle filiere estrattive dei principi di questa nobile pianta.
La cannabis light, infatti, non alimenta esclusivamente il settore dei prodotti per la salute ma anche e soprattutto l’industria, essendo applicata tanto all’edilizia quanto ai bio-combustibili e all’industria tessile. Una pianta che è stata riabilitata dopo decenni di proibizionismo imposto dalla Marijuana Tax Act del 1937 che favoriva, invece, la produzione di molecole plastiche.

Dall’agricoltura alla cura personale: il CBD sorprende
I benefici della pianta di canapa si estendono anche al settore dell’agricoltura. La pianta di canapa, infatti, oltre a risultare particolarmente adatta al clima mediterraneo, non richiede speciali cure dal punto di vista agricolo, permettendo un maggior rispetto del suolo.
Si tratta di una pianta che non ha bisogno dell’aiuto di fertilizzanti né tantomeno di una lavorazione invasiva del terreno: i suoi cicli vitali sono rapidi e questo le permette di prendere il sopravvento sulle piante infestanti.
Questo favorisce, tra l’altro, la diffusione di aziende biologiche e permette ai prodotti derivati dalla cannabis light, in primis il CBD, di conservare tutte le proprietà benefiche e naturali.
L’olio CBD prodotto in Italia è al 100% naturale e non presenta additivi chimici che ne possano alterare le proprietà o indurre reazioni avverse nei consumatori. Una produzione di eccellenza che affonda le proprie radici nella riesumazione della longeva tradizione di coltura che ha caratterizzato lo Stivale d’Europa fino agli anni ’70.
L’Italia, fino a quegli anni, infatti, era primo produttore mondiale di canapa, con oltre 90mila ettari. Attualmente il settore è in rapida crescita e l’Italia è quarta in Europa con 2.300 ettari. Svetta la Francia con 17.000 ettari sebbene il primo produttore al mondo resti il Canada, con oltre 60mila ettari di coltura.
La non entrata in vigore di questa norma ha fatto sì che queste aziende possano operare liberamente così come le aziende che vendono prodotti derivati della canapa possano continuare a farlo in tutta tranquillità. Un beneficio anche per i consumatori che non avranno bisogno di una ricetta per effettuare i loro acquisti.
Maggiori informazioni al seguente link. CLICCA QUI
Commenti recenti